"Restammo in casa davanti al televisore. Il presidente Izetbegović tranquillizzava la popolazione, la guerra in Croazia non si sarebbe spostata in Bosnia. Invitava a uscire tranquillamente nelle strade.
Invece la città era circondata. Su ogni altura cannoni, mortai, obici, kalashnikov, mitra, fucili di precisione.
L’Armija, il glorioso esercito jugoslavo che avrebbe dovuto proteggere la città, in realtà aveva svuotato le caserme. Per mesi, pezzo a pezzo, si erano portati via tutti gli armamenti per piazzarli sui monti intorno. Per difesa, era stato detto. Ormai era troppo tardi per chiedersi come mle armi di Sarajevo fosse puntate contro Sarajevo.
Gojko continuava a sperare.
“Non durerà… pochi giorni e ne saremo fuori. Abbiamo gli occhi del mondo addosso…”
Accompagnava frotte di giornalisti in giro per la città, a filmare i buchi delle granate, le immagini di quella popolazione civile inerme, disarmata.
“L’importante è far sapere quello che sta succedendo.”
Le kafane erano ancora piene di ragazzi che dicevano la loro, birre, sigarette e voci una sull’altra. Voci libere, certe di essere udite, di scavalcare quei monti per rotolare sui tavoli dell’Europa, forti, incisive.
I ragazzi credevano ancora che il mondo avesse orecchie. Il vecchio Jovan no. Era un ebreo serbo, di Sarajevo. Si toglieva le scarpe quando entrava in casa, come i musulmani, per rispettare la moglie. Non leggeva più i giornali, non ascoltava più i notiziari. Restava ore a guardarsi i piedi chiusi nelle babbucce di lana.
Era maggio. Mese di primule e tarassachi fioriti, di piccole rondini sulla riva della Miljacka.
Tutti si illudevan che fosse solo un attacco, nervosismo che sarebbe finito presto. Come un sisma che torna al suo posto.
Intanto gli ufficiali dell’Onu se ne andavano dalla casa di riposo di Sarajevo, si trasferivano a Stojčevac.
Intanto bruciavano l’Ufficio Postale e la caserma Maresciallo Tito.
Intanto si scoprivano cecchini appostati ovunque nella città. Era cominciata la vivisezione quotidiana. Quei mirini sofisticati che inseguivano le persone fino a vedergli il colore degli occhi, il sudore sotto il naso.
Chi erano quelli lassù? I cetnici, gli animali. Gente venuta da fuori o gente sgusciata fuori dalla città? Ragazzi che hanno risalito i monti strisciando per unirsi al demonio, uccidere i loro compagni di corso all’università, i loro amici di sempre…"
(Il brano è tratto dal libro "Venuto al mondo" di Margaret Mazzantini ed è pubblicato in estratto sul sito easjournal.net. Per leggere la versione integrale clicca qui )
Vent'anni dopo l'assedio di Sarajevo
foto tratta dal sito www.corriere.it
foto tratta dal sito www.ecodibergamo.it
"Ci saranno 11.541 sedie vuote, sistemate per una lunghezza di circa un chilometro lungo il viale Maresciallo Tito, la via principale di Sarajevo, in occasione del concerto organizzato per ricordare l’inizio, il 6 aprile 1992, della guerra in Bosnia ed Erzegovina. Una sedia per ciascuna delle vittime del lungo assedio della città, nel cui segno si era aperto e si concluse il Novecento, il “secolo breve” della violenza in Europa. «Quelle sedie saranno vuote poiché gli spettatori, tutti colpiti a morte, a questo concerto non potranno assistere», ha detto Haris Pasović, che lo ha organizzato. Il numero è quello delle persone uccise dai bombardamenti e dai cecchini, mentre non è possibile un conteggio preciso delle persone morte per gli stenti dell’assedio, il cui numero è comunque stimato in diverse migliaia, in massima parte vecchi e bambini"
(articolo tratto da osservatoreromano.va. Per leggerlo clicca qui
"A Sararajevo come a Srebrenica e in tutta la Bosnia, le Nazioni Unite hanno perso l’onore, mettendo in campo una forza di “protezione” che scese a patti con gli aguzzini e consentì, chiudendo gli occhi e lasciando pendere le armi senza usarle per salvare la vita agli innocenti, la fine di un’idea di Europa libera, civile e tollerante, ma soprattutto forte, capace di fermare lo spaventoso ripetersi della guerra etnica".
(brano estrapolato da un articolo pubblicato su panorama.it
Per leggera la versione integrale clicca qui)
foto scaricata dal sito wuz.it
Ci sono molti articoli interessanti su www.unacittà.it
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